(Da L'Eco di Bergamo del 12/06)
Rivedo nelle foto i tanti momenti vissuti in questi giorni, con le premiazioni dei campionati e di tutte le altre manifestazioni che hanno reso intensa anche l’ultima stagione sportiva del nostro Comitato.
Vedo, insieme con i loro dirigenti, i volti degli atleti protagonisti in positivo dello sport. Sono foto che passeranno nella storia e non posso far a meno di pensare che in molte sedi di società sportive queste foto saranno appese all’albo per ricordare i successi conseguiti.
Penso a chi i successi sportivi non li ha raggiunti ma ha saputo gestire, nel settore giovanile, magari una rosa di 20-25 giocatori e li ha saputi tenere insieme nonostante gli scarsi successi di classifica. Bisogna essere dei campioni anche per conquistare questo trofeo che nessuno potrà mai mettere in bacheca ma che lascerà un segno incancellabile nell’animo dei ragazzi.
Sono discorsi un po’ fuori moda di questi tempi e sono grato al presidente nazionale Vittorio Bosio di avere scritto un editoriale su L’Avvenire dello scorso giovedì, rimettendo al centro della vita Csi proprio l’attività giovanile.
Questo non vuol dire sminuire tutti gli altri aspetti: vincere un campionato è bello, dà soddisfazione e, quando vissuto nel modo giusto, nel rispetto delle regole e degli avversari, fa crescere meglio di un corso specialistico. La nostra principale (non l’unica) vocazione però è, fin dalle origini 75 anni fa, quella della formazione, dell’educazione, dell’accompagnamento alla crescita sociale e civile dei giovani, sia femmine che maschi.
Lo spunto di Bosio è la base per le riflessioni che il Comitato è chiamato a fare per la proposta dell’anno prossimo (e degli anni a venire). Si avverte chiaramente nell’ambiente sportivo una tentazione di far diventare lo sport uno dei tanti anelli della catena delle offerte di mercato. Questa sfida c’è e va affrontata, perché altrimenti si finisce ai margini della società e quando ci si risveglia si scopre che non c’è più l’antico legame con le società sportive, con il territorio. Si tratta però di una sfida che si vince confermando i valori delle origini, il rapporto privilegiato con Parrocchie e Oratori e non cedendo mai alla tentazione di rinunciare alla fatica più nobile: formare persone capaci di essere dirigenti e allenatori che siano innanzi tutto educatori, innamorati della loro missione e capaci di gestire, insieme con il Csi, una proposta sportiva che va ben al di là della bella classifica perché migliora il mondo dei giovani.
Progetto troppo ambizioso? No, se affrontato con coerenza, voglia di mettersi al servizio e tanta umiltà.