Le attività del Csi nel TG

COMUNICATI2023

La saggezza abita il cuore bambino

(Da l'Eco di Bergamo del 03/05)

Si accendono i motori e ci si prepara per lo spunto finale. Per quanto gli appuntamenti siano tanti e distribuiti in larga parte nel corso dell’anno, a maggio i settori del calcio e della pallavolo guardano l’orizzonte per cercare di capire cosa sta per succedere. Giungono infatti a maturazione alcuni campionati e, soprattutto, si mettono in programma quelle finali che fanno parlare nei paesi e in città. In genere succede così: siamo tutti esperti di “sportività” e ci avviciniamo alla definizione delle classifiche con atteggiamenti di elegante distacco se non di superiorità. Poi però, quando siamo coinvolti, stiamo a cercare il pelo nell’uovo di come si sono comportati gli avversari in quella particolare occasione, del perché e del percome sono arrivati all’esposto che ci ha fatto perdere una partita, dell’arbitro che non ci ha dato un rigore grande come una casa che non poteva non aver visto. È sempre così: dopo mesi di campionato, alla resa dei conti dimostriamo di essere un po’ meno pronti di quanto pensassimo.
Tutto nella norma e praticamente inimmaginabile che possa andare in modo diverso. È il pathos che accompagna lo sport, anche se sarebbe importante non dimenticare mai che stiamo “giocando”.
C’è però modo e modo. Possiamo capire un po’ di tensione, possiamo anche capire che non dappertutto è stata acquisita la giusta mentalità del tifo “a sostegno” e non “contro”. E allora incappiamo ancora nell’intollerabile comportamento di certi spettatori che passano il tempo della partita ad insultare. In genere se la prendono con l’arbitro, anche se magari stanno assistendo ad una partita di bambini e di possibilità di errore ce ne sono davvero poche. Anche se magari la partita è a senso unico e finirà con un 4 a zero per gli avversari.
Però fa sorridere e al contempo fa pensare che un bambino, uscendo dal campo, si avvicini all’arbitro e gli dica: “Arbitro, non te la prendere per le parolacce”. Fa sorridere perché sembra di stare in un mondo capovolto, dove i bambini insegnano ai grandi, anche se in questo caso il bambino non si è rivolto all’adulto per rimproverargli la sua stupidità, ma ha preferito dare un sostegno morale all’arbitro. Fa pensare perché dobbiamo prendere atto ancora che la volgarità è difficile da estirpare dagli spalti (e purtroppo spesso anche dal campo). Però, che sia un bambino ad indicare la strada da seguire fa sperare che in realtà un certo tipo di tifo non sia più un modello di riferimento ma sia una moda ormai decadente.

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