Sto seguendo con interesse il dibattito di questi giorni tra i sostenitori dello sport “per specialisti”, di alto livello, e i fautori di uno sport più diffuso, oserei dire di uno sport “per la comunità”.
Va da sé che nel mio ruolo di presidente nazionale di un ente di promozione sportiva qual è il Csi, parteggio nettamente per la seconda ipotesi senza negare l’importanza della prima. Questo non vuol dire che non apprezzi l’espressione più alta dell’eccellenza sportiva, della prestazione che si pone ai vertici mondiali. Di questo livello agonistico apprezzo la forza del messaggio e al contempo i contenuti umani: costanza, capacità di fare sacrifici, talento.
Ma allo stesso tempo sono convinto che il Csi abbia un ruolo importante nello sport dell’oggi e del futuro. Quello sport che, se rivolto ai giovani, offre innanzi tutto elementi educativi e formativi. E quando invece è rivolto agli adulti diventa elemento di prevenzione della salute, alternativo ai farmaci. Uno sport, insomma, che favorisce la qualità della vita.
Ho letto, per fare un esempio, alcuni dati illustrati in questi giorni rispetto all’esplosione in atto di patologie gravi come il diabete di cui sono affette centinaia di milioni di persone nel mondo. Secondo le istituzioni sanitarie che si occupano della salute pubblica, infatti, la pratica di una buona attività sportiva può aiutare a combattere gli effetti del diabete, addirittura permetterebbe di far diminuire l’uso di farmaci importanti come l’insulina.
Sono problemi di cui un tempo non si parlava perché al contrario la condizione più diffusa era la denutrizione (chi non è proprio giovanissimo ricorderà le campagne per ridurre il “cretinismo” da scarsa alimentazione) ma che oggi sono invece in agenda sia per l’Organizzazione Mondiale della Sanità, sia per tutte le istituzioni nazionali che hanno competenze sanitarie.
Non voglio ovviamente spostare il significato dell’attività sportiva in un particolare tipo di prevenzione sanitaria. Lo sport è molto altro e ha le proprie origini nella competizione innanzi tutto con se stessi e con i limiti che proprio attraverso la pratica sportiva, si tende a superare ogni volta.
Come Csi però è giusto che prendiamo atto dei nuovi orizzonti che si stanno aprendo sui nostri sentieri. Siamo in campo per il gioco, per l’educazione, per la formazione, per l’aggregazione, e infine, anche per un corretto e salubre stile di vita.
Sicuramente non siamo in grado di far crescere i campioni del mondo. Ma altrettanto sicuramente ci poniamo come cardini di una nuova e moderna idea di società.