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Giocare per vincere, sempre! (dall'Eco di Bergamo del 11/06)

Luogo: Piazza San Pietro a Roma. Data: sabato 7 giugno 2014. Tutte le informazioni più importanti sono già segnate da tempo sul calendario. Il motivo? Papa Francesco incontra gli associati del Csi, il Centro Sportivo Italiano. E li incontra per un motivo speciale: il settantesimo compleanno dell'Associazione. Proprio per questo infatti, i suoi membri hanno ritenuto opportuno festeggiare in un luogo degno di nota e per l'occasione invitare anche il Santo Padre. Che prontamente ha accettato l'invito così come i più di ottantamila che non si sono lasciati sfuggire l'occasione. Milleduecento di questi, tra l'altro, erano bergamaschi. Me compreso.
Che dire? Oramai lo sappiamo: il Papa non sbaglia un colpo. Infatti, ci ha fatto tornare tutti a casa con diverse provocazioni su cui riflettere. Ne dico due che credo significative per la nostra realtà bergamasca.
La prima: "Se non c'è il gruppo sportivo in parrocchia, manca qualcosa!". Poche parole che, per i più che erano presenti, suonavano come un'esortazione ma che per noi invece, sono state una conferma. Una conferma bella di quanto - da anni - stiamo cercando di fare nelle nostre comunità ovvero di far giocare nei nostri oratori il maggior numero possibile di ragazzi. Era il 1985 quando mons. Giulio Oggioni, l'allora vescovo di Bergamo, nel nuovo "Direttorio degli oratori" sottolineava l'importanza dello pratica dello sport in oratorio, e dello sport secondo lo stile proposto dal Csi. Se oggi possiamo contare più di novantamila tesserati, molti dei quali sono proprio i ragazzi dei nostri oratori, certamente lo dobbiamo a questa intuizione ma anche agli sforzi che tutti abbiamo compiuto perché queste parole diventassero realtà. Chi è addetto ai lavori però, sa che tutto questo non è sempre scontato. Quante volte lo scoraggiamento fa capolino nelle società sportive dei nostri oratori; quante volte il dubbio e il sospetto aleggiano facendo dire "non ne vale la pena, è tempo sprecato". Papa Francesco invece, con poche parole ci ha ridato fiato. Tra le righe è come se ci avesse detto che lo sport in oratorio serve. Ci ha confermato che vale sempre la pena giocare la partita dello sport. Aldilà delle difficoltà e delle fatiche. Perché l'attività sportiva, qualunque essa sia purché correttamente intesa, non è un optional ma rientra tra le questioni fondamentali dell'educazione, e dell'educazione delle giovani generazioni: "Lo sport - ha detto il Papa - è una strada educativa. Io trovo tre strade, per i giovani, per i ragazzi, per i bambini. La strada dell'educazione, la strada dello sport e la strada del lavoro, cioè che ci siano posti di lavoro all'inizio della vita giovanile. Se ci sono queste tre strade, io vi assicuro che non ci saranno le dipendenze: niente droga, niente alcol. Perché? Perché la scuola ti porta avanti, lo sport ti porta avanti e il lavoro ti porta avanti".
La seconda provocazione: "Non accontentatevi di un pareggio, cercate la vittoria". Quest'affermazione - siamo onesti - all'inizio ci è proprio suonata strana. Soprattutto a chi tra noi pensa che lo sport praticato in oratorio sia all'insegna dell'importante non è vincere ma partecipare. Beh, Papa Francesco ci ha detto chiaramente che non ci sta. Che non è questo il modo di giocare. Giocare sì, sempre, ma per vincere.
Occorre però una precisazione. In che senso "vittoria"? Tanto quanto Papa Francesco ci ha abituati ad affermazioni dirette e semplici (chi non ricorda il famoso "permesso, grazie, scusa" per la riuscita della vita matrimoniale e familiare?!), tanto quanto continua a stupirci con parole semplici che però metaforicamente sono capaci di aprire orizzonti inimmaginabili. La similitudine è chiara: la vita è come lo sport. Infatti, poco dopo è chiaro: "Non accontentarsi con queste vite tiepide, vite mediocremente pareggiate: no, no!".
Quasi a dirci che forse anche noi bergamaschi, a volte, corriamo il rischio di accontentarci, di fare semplicemente qualcosa - l'aggregazione - dimenticando che lo sport, soprattutto quello in oratorio, ha senso solo se è veramente educativo. E qui non ci è permesso il pareggio, anzi. Occorre giocare il tutto per tutto. In altre parole, giocare per vincere. Perché se in educazione non si gioca per vincere, è inutile giocare. Anzi, abbiamo già perso in partenza. Al Papa allora diciamo grazie per il momento significativo che ci ha permesso di vivere. E per noi, ancora una volta, una nuova partita. Speriamo vincente.

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